Quante volte ci siamo detti, a proposito di qualcosa di spiacevole, “avrei preferito non saperlo”? Ecco tutto ciò che si nasconde dietro questo meccanismo psicologico.
“Non dirmi niente”, “Preferivo non saperlo”, “Meglio non approfondire”: ognuno di noi ha pronunciato queste e altre frasi fatte almeno una volta nella vita. Si tratta di reazioni frutto di un atteggiamento che, nel linguaggio tecnico della psicologia, prende la definizione di “ignoranza intenzionale”. In poche parole, decidiamo di non voler conoscere le conseguenze – verosimilmente spiacevoli – di qualcosa che ci tocca da vicino. Ma in realtà vi si cela dietro ben altro…
La wilful ignorance, per dirla in inglese, è in realtà assimilabile a un meccanismo auto-assolutorio. E può essere utilizzata come pretesto per compiere azioni egoiste o de-responsabilizzarsi di fronte a scelte che altrimenti ci farebbero sorgere qualche scrupolo di coscienza.
Un esempio: rifiutarsi di sapere come viene prodotto un determinato prodotto alimentare o un capo di abbigliamento al momento dell’acquisto. Il problema è che gli effetti a cascata possono essere devastanti. Vediamo insieme perché.
Un articolo pubblicato dall’autorevole rivista Psychological Bulletin ha puntato l’attenzione sulle implicazioni dell’ignoranza intenzionale e sulle ragioni per cui è un fenomeno così diffuso. Un’équipe di studiosi dell’Università di Amsterdam, del Max Planck Institut di Berlino e di altri atenei ha condotto una meta-analisi su 22 ricerche scientifiche sull’argomento, esaminando i dati relativi a oltre 6.500 persone. Risultato: nella maggior parte dei casi, si preferisce non sapere per evitare di affrontare le conseguenze spiacevoli delle proprie azioni quotidiane. Semplificando molto, dunque, si tratta di una forma di vigliaccheria.
Nello studio di cui sopra, per esempio, l’alta percentuale di “ignoranti intenzionali” è stata correlata a un minore altruismo. I partecipanti, posti di fronte a una decisione A e a una decisione B, hanno preferito quella che non avrebbe fatto conoscere loro il potenziale effetto benefico della loro scelta, pur di trarre il massimo vantaggio personale, conservando al tempo stesso una buona immagine agli occhi degli altri (l’ignoranza come giustificazione o alibi, dunque).
In altri casi ancora, la wilful ignorance diventa un utile escamotage per apparire “buoni” agli occhi degli altri senza dover necessariamente compiere azioni che richiedono di sacrificarsi almeno in parte. In parole povere: scegliere di non sapere mette al riparo da qualsiasi presa di posizione, scegliere di sapere comporta una presa di coscienza delle conseguenze delle proprie azioni. E dalla coscienza, si sa, è difficile sottrarsi…
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