Anche ai giovani può essere diagnosticato il morbo di Alzheimer, è bene prestare attenzione ad alcuni sintomi per arrivare a una diagnosi precoce.
Si tende a considerare il morbo di Alzheimer come una malattia tipica degli anziani, che può insorgere quando con il trascorrere degli anni non si ha più la lucidità e la memoria di un tempo. Avere un parente che ne soffre può essere un grande dolore non solo per il paziente, ma anche per chi gli sta vicino, soprattutto perchè prima o poi arriva il momento temuto da tutti, quello in cui si viene considerati degli estranei, come se non si fosse mai condiviso nemmeno un momento insieme.
Negli ultimi tempi sono però diversi i giovani a cui viene diagnosticata la stessa patologia, a conferma di come la situazione stia cambiando. Anzi, nel loro caso l’evoluzione tende a essere più veloce, per questo sarebbe bene prestare attenzione ad alcuni segnali che possono essere indice del problema.
Il morbo di Alzheimer non riguarda solo gli anziani
Nella maggior parte dei casi il morbo di Azheimer può essere considerato una forma di demenza senile, che si sviluppa a partire dai 65 anni età. Esistono però anche dei casi di Alzheimer giovanile, anche se rari (5%), che coinvolgono persone tra i 30 e i 60 anni di età,
La patologia è neurodegenerativa, per questo peggiora in maniera progressiva con il passare del tempo e arriva a generare problemi di memoria, linguaggio, attenzione e ragionamento.
Anche in una persona relativamente giovane è bene quindi prestare attenzione a sintomi che possono essere collegati al disturbo. Tra questi possiamo segnalare modifiche al comportamento, sbalzi repentini all’umore, incapacità di orientarsi a livello di spazio e tempo, incapacità di articolare un discorso, problemi di memoria e impoverimento lessicale.
Preoccuparsi se alcuni di questi sintomi si verificano raramente è certamente eccessivo, è bene parlarne con il medico se si nota che frequentemente si faticano a ricordare anche le cose più elementari.
Come arrivare alla diagnosi
Al momento non ci sono ancora certezze sulle cause dell’Alzheimer, ma ci sono dei fattori di rischio che andrebbero presi in considerazione e che potrebbero spingersi a sottoporsi a controlli in caso di sintomi sospetti. Tra questi possiamo segnalare obesità, fumo, alcool, ipercolesteloremia,, ipertensione e diabete di tipo 2.
In genere sembra esserci inoltre una particolare tendenza nelle donne a sviluppre la malattia. La diagnosi può arrivare attraverso una serie di esami cerebrali a cui viene sottoposto il paziente per verificarne la situazione.
Tra questi possiamo segnalare:
- puntura lombare;
- risonanza magnetica (RMN) ad alta definizione;
- valutazione delle funzioni cognitive per valutare gravità e profilo dei disturbi;
- esame di screening per escludere altre forme di demenza legate a patologie metaboliche o endocrine;
- PET con fluorode-sossiglucosio (Tomografia a emissione di positroni).
Si arriva così a verificare la presenza delle proteine che possono provocare il disturbo.
Pur essendo a conoscenza dello sviluppo del problema, è in crescita il numero di persone che vengono seguite da psicologi che si occupano della terapia di orientamento alla realtà, volta a cercare di fare comprendere al malato la propria vita, oltre a definire lo spazio che lo circonda, tramite continui stimoli visivi, verbali, musicali e scritti.