I social sono spesso portatori di cattivi esempi per i giovani, Petrone: “Si tende a banalizzare il proprio comportamento”
I social sono sempre più centrali nelle nostre vite e, se utilizzati bene, possono essere spunto per ottime iniziative. Tuttavia, oltre al bello della tecnologia, c’è anche un aspetto da non sottovalutare, ossia quello legato alla violenza che spesso padroneggia nei video che diventano virali.
Giorni fa abbiamo parlato con la psicoterapeuta Loredana Petrone della violenza nelle scuole a cui i social possono contribuire e così l’esperta, ai nostri microfoni, ha analizzato anche il ruolo che svolgono i social network nelle vite dei più giovani.
“Già Bandura nel 1970 riteneva che lì dove non c’è una relazione face to face, c’è una deumanizzazione dell’altro e una banalizzazione del proprio comportamento – ha spiegato Petrone –. Il social consente di non provare empatia, perché non si ha la decodifica del vissuto emotivo dell’altro e così, in un certo senso, lo demaunizzi. Tale effetto, per alcuni aspetti, potrebbe facilitare la violenza“.
“Non avremmo i ‘leoni da tastiera’ se le persone si rendessero conto di quanto dolore e di quanta sofferenza si provoca agli altri. Quindi diciamo che attraverso lo schermo c’è una dimensione di superficialità – prosegue la psicoterapeuta –. I ragazzi in questo momento storico amano che la propria storia diventi virale, quindi a volte alcuni comportamenti servono a far sì che i video divengano virali e la persona acquisisca notorietà nel mondo della rete“.
“Un collega ha utilizzato una suggestione che a me è piaciuta moltissimo, tanto che avevo anche detto di volerci scrivere qualcosa: ‘I social sono una sorta di Pifferaio Magico‘, che elimina quella dimensione di coscienza, di lettura dell’altro, di empatia, di sintonizzazione sul vissuto emotivo e su come l’altra persona si possa sentire; per cui in maniera acritica, come i topolini del Pifferaio magico, un po’ perdendo la propria identità, si segue il social e ci si omologa. Basta vedere che i profili Instagram dei ragazzi sono tutti molto simili“, ha concluso la psicoterapeuta Petrone.