Gli inquirenti hanno confermato il controllo di alcuni clan di un ospedale napoletano. Tra i boss c’era chi si lamentava: “Ormai il racket non viene più pagato come prima”
Le mani della Camorra su un ospedale napoletano. Il San Giovanni Bosco, secondo quanto appurato dagli investigatori, era controllato in modo permanente dal clan camorristico Contini, lo stesso che aveva offerto dei favori all’organizzazione del Parco Verde di Caivano. Gli inquirenti hanno arrestato undici persone, affiliate al clan criminale. L’ospedale, secondo l’ordinanza, aveva un vero e proprio controllo sull’ospedale.
Nel luglio del 2018 ad esempio, degli esponenti del clan camorristico Contini entrarono in contatto con i responsabili dell’Ospedale e dopo un incidente in autostrada che coinvolse una donna (imparentata con uno dei componenti del gruppo) fecero di tutto per garantire alla donna “un occhio di riguardo”. In uno di quegli incontri, uno degli undici esponenti del clan che son stati arrestati, spiegò (come risulta dal verbale) che il clan Contini “comandava sull’ospedale”, dove gestivano il parcheggio, la mensa e lo spaccio di droga all’interno della struttura. Racconti che hanno trovato il loro riscontro, come prosegue il collaboratore di giustizia, perché quando la donna vittima dell’incidente si risvegliò dal coma terapia intensiva entravano “anche in quattro o cinque mentre si entra uno alla volta”. Anche gli inferieri erano al corrente e lasciavano entrare le persone. “Bastava dire che appartenevamo alla ragazza del Parco Verde si mettevano a disposizione. Ci davano i camici ed entravamo”.
Questa influenza del clan camorristico sull’attività e la gestione dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli era già stata al centro di indagini della Direzione distrettuale antimafia partenopea culminate in arresti e sequestri nel 2014 e nel 2019. Il controllo dell’ospedale è andato avanti per anni. Già cinque anni fa ci fu un operazione dei Carabinieri che permise di sgominare centoventisei affiliati ai clan Contini, Mallardo e Licciardi, facenti parte della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, cartello camorristico che controlla le attività criminali in gran parte della città di Napoli. Nel 2019 Giovanni Melillo (che all’epoca guidava la Procura di Napoli ed oggi ha assunto il ruolo di procuratore nazionale antimafia) fece luce sulle modalità che portarono il clan a gestire l’ospedale.
L’Ospedale San Giovanni Bosco venne definito “una sorta di sede sociale della camorra”. Il clan riusciva a incidere sull’organizzazione delle visite specialistiche e sugli esami da eseguire nell’ospedale. Nel 2014 sono invece finite sotto sequestro le aziende titolari delle attività di mensa, bar e ristorazione all’interno dell’ospedale, secondo gli inquirenti riferibili a un affiliato al clan Contini.
Dall’intercettazione di una delle conversazioni nell’ambito dell’inchiesta sul clan Contini e le infiltrazioni nell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, emerge un quadro significativo dell’evoluzione delle dinamiche criminali nella città. L’organizzazione malavitosa sembra essere costretta a rinunciare all’imposizione del pizzo, a causa delle “enormi difficoltà” affrontate dovute all’adesione di un numero sempre maggiore di imprenditori al patto antiracket. Uno degli indagati, lamentandosi con un suo complice, racconta di essere stato inviato a “imporre la tangente estorsiva” a un negozio che, però, aveva già aderito al movimento antiracket. “Dall’antiracket mi ha mandato”, dice uno degli arrestati, denotando la frustrazione derivante dall’impossibilità di estorcere il denaro. Alla luce di questa “scoperta”, i due malviventi desistono dal loro intento, con “l’amara considerazione” di uno di loro “delle enormi difficoltà” che la camorra deve affrontare per imporre il racket: “È finita, fratello, non sono più la gente di una volta”, sottolineando così la crescente resistenza degli imprenditori, “stanchi dei soprusi subiti“, i quali si rivolgono alle associazioni competenti per sottrarsi alle estorsioni.
Questo cambio di rotta nella strategia criminale del clan Contini emerge in maniera nitida dal provvedimento visionato dalla redazione di LaPresse. All’alba, un blitz dei carabinieri ha portato all’arresto di 11 persone, nell’ambito dell’indagine coordinata dalla sostituta procuratrice Rosa Volpe, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea e i pubblici ministeri Varone e Converso. Questo passaggio mette in luce come l’impegno e la determinazione degli imprenditori e delle associazioni antiracket stiano gradualmente erodendo il potere e l’influenza della criminalità organizzata nella città di Napoli, costringendola a rivedere le proprie strategie di estorsione.
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