La situazione demografica e occupazionale in Italia mostra segni di squilibrio particolarmente evidenti nel Mezzogiorno, con Napoli che emerge come una delle realtà più “assistite” del Paese.
Secondo l’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, basata su dati Inps e Istat relativi al 2022, la provincia di Napoli registra un saldo negativo tra numero di occupati e pensioni erogate pari a -92mila.
Questo dato colloca Napoli tra le prime posizioni in Italia per questo tipo di squilibrio, preceduta solo da Lecce e seguita da Messina, Reggio Calabria e Palermo.
L’analisi sottolinea che l’elevato numero di pensioni erogate nel Sud Italia e nelle Isole non è attribuibile principalmente alle pensioni di vecchiaia o anticipate ma piuttosto alla diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità. Questo aspetto evidenzia una problematica strutturale legata non solo all’invecchiamento della popolazione ma anche a un sistema economico-sociale che fatica a generare occupazione stabile e ben remunerata.
A livello nazionale, la situazione non appare molto più rosea. Delle 107 province monitorate dall’Ufficio studi della Cgia, solo 47 presentano un saldo positivo tra occupati e pensionati. Il Mezzogiorno si conferma la zona con il maggior numero di pensioni rispetto agli stipendi pagati, ma il trend negativo è destinato a estendersi anche al Centro-Nord nei prossimi anni. Previsioni indicano che entro il 2028 usciranno dal mercato del lavoro circa 2,9 milioni di italiani per raggiunti limiti d’età, aggravando ulteriormente lo squilibrio tra lavoratori attivi e percettori di pensione.
Napoli, più pensionati che lavoratori
Al momento dell’analisi, il numero dei lavoratori dipendenti e autonomi in Italia sfiorava i 23,1 milioni mentre gli assegni corrisposti ai pensionati ammontavano a poco meno di 22,8 milioni (saldo positivo pari a +327mila). Tuttavia è ragionevole ipotizzare che sia il numero degli occupati sia quello delle pensioni erogate siano cresciuti nell’ultimo anno, probabilmente quest’ultimo in misura superiore rispetto all’incremento dei lavoratori attivi.
Questo scenario preoccupante trova le sue radici in quattro fenomeni strettamente correlati: la denatalità; l’invecchiamento progressivo della popolazione; un tasso d’occupazione molto inferiore alla media europea; la presenza significativa del lavoro irregolare. Queste dinamiche hanno contribuito alla riduzione del numero dei contribuenti attivi aumentando contemporaneamente i beneficiari del welfare.
Anche alcune province settentrionali mostrano uno squilibrio simile a quello meridionale con un numero maggiore di pensionati rispetto agli impiegati operai paganti imposte. Tra queste troviamo Sondrio (-1.000), Gorizia (-2mila) fino ad arrivare a Genova (-20mila). Ciò dimostra come il problema non sia circoscritto al Sud ma interessante tutto il territorio nazionale.
La spesa pubblica destinata alle pensione continua ad aumentare mentre le entrate fiscali derivanti dai lavoratori diminuiscono progressivamente: una tendenza preoccupante per l’equilibrio dei conti pubblici economici del Paese. La soluzione? Aumentare il numero degli occupati promuovendo politiche attive per lavoro e contrastando l’evasione e l’economia sommersa.