Ci sono degli insegnamenti che travalicano il tempo e la morte. Ed Eduardo De Filippo è stato un maestro nel rendere l’uomo un essere migliore.
Conosci “Le voci di dentro”? È una delle commedie firmate da Eduardo De Filippo, che risale al 1948.È probabilmente l’opera più noire concepita dal grande commediografo e drammaturgo napoletano. La sua prima messa in scena ebbe luogo l’11 dicembre proprio del ’48 al Teatro Nuovo di Milano. La ricezione da parte di pubblico e critica fu buona ai tempi, e come spesso accade per lavori del genere, è cresciuta in maniera ulteriore nel corso del tempo.
Il tema portante de “Le voci di dentro” è rappresentato dalla ambiguità e dal concetto, molto in voga nella prima parte del Novecento, della incomunicabilità. Ne parlava già Luigi Pirandello con il suo Adriano Meis, il protagonista de “Il fu Mattia Pascal” e dei suoi “Sei personaggi in cerca d’autore”. Incomunicabilità che in quei casi si trasformava in crisi esistenziale e di identità. Ma nelle dinamiche pirandelliane, l’uomo finisce con l’essere estraniato dalle dinamiche umane crudeli. Invece in “Le voci di dentro” l’essere umano preferisce allontanarsi da tutto e da tutti, dalla “gente che è fatta molto male” (battuta tra le più famose proprio de “La voce di dentro”, n.d.r.).
Velocemente, la trama di quest’opera parla di un omicidio avvenuto solo in sogno. Ma un sogno talmente lucido da essere parso in un primo momento vero al protagonista Alberto, interpretato dallo stesso Eduardo De Filippo. Al punto che lui sporge denuncia contro gli “assassini”, ovvero i suoi vicini di casa, i Cimmaruta. Da qui in avanti succede tutta una serie di equivoci che mettono tutti quanti in evidenza il peggio dei sentimenti e della natura umana.
Come finisce Le voci di dentro?
In tutto questo teatro dell’assurdo e della caducità, Eduardo De Filippo accusa gli uomini di essere diventati egoisti, paurosi, sospettosi e pronti a cannibalizzare gli altri pur di salvare loro stessi. “L’uomo è lupo per l’altro uomo” erano del resto già soliti affermare gli antichi Romani. Ed in un periodo in cui l’Italia era appena uscita dagli orrori della Seconda guerra mondiale la scena era ancora rivolta al peggio.
Per la rinascita e per il benessere ci sarebbe voluto del tempo, e ne “Le voci di dentro” un essere umano monco nelle emozioni, al quale mancano la voglia e la convinzione di comunicare, a cui manca soprattutto la bontà, tutto questo desiderio di pace si nota in maniera fortissima quando zi’ Nicola, uno dei personaggi, prima di morire chiede di avere “…per favore, un poco di pace!”. Ma anche oggi, a quasi ottant’anni da questa amara opera teatrale, non è che le cose siano cambiate granché. La solidarietà c’è sempre stata ed anche oggi come allora c’era chi si prodigava per fare del bene. Ma fare il bene è un qualcosa che passa sempre sotto traccia. Ed è più facile accorgersi di chi invece ci fa del male. Ed i modi di fare male a qualcuno sono tantissimi. Questa cosa può accadere persino in buonafede, come capita ad Alberto che accusa ingiustamente i suoi vicini. Ma i Cimmaruta quasi non fanno nulla per smentire il finto omicidio, ed addirittura arrivano a sospettare gli uni degli altri in famiglia. Come se un uccidere un uomo fosse normale amministrazione. Queste sono “le voci di dentro”: i sospetti tra consanguinei a prescindere dalla verità. Di seguito c’è un estratto dell’opera, riportato dal canale YouTube “Il Teatro di di Eduardo”.
Insomma, Eduardo in quest’opera mette in luce tutti i tratti più inquietanti dell’essere umano. Ma in questa parte, di preciso, fa davvero venire la pelle d’oca. Dopo aver visto questo passaggio de Le voci di dentro, per tutti sarà difficile restare calmi quando si sentirà un rumore – completamente inaspettato – soprattutto se nel cuore della notte.