Una vicenda incredibile quella che ha visto un operaio di un’azienda partenopea nel settore del petrolchimico perdere la vita per colpa della terribile sostanza nociva
Ventidue anni nella stessa azienda per la quale possiamo dire che ha dato davvero la vita. Lavorare a contato con l’amianto lo ha consumato poco a poco fino a morire all’ età di 70 anni. L’uomo, infatti, è deceduto nel dicembre del 2016 a causa di un mesotelioma pleurico, contratto in seguito a esposizione ad amianto non cautelata per l’intero periodo di servizio, con l’Inail che aveva riconosciuto l’origine professionale della neoplasia.
L’amianto è una sostanza composta da più minerali noti per le loro fibre sottili, flessibili e resistenti, ecco perchè è altamente cancerogeno per gli esseri umani. Le sue fibre sono infatti particelle microscopiche lunghe e sottili che possono essere inalate e penetrare nei polmoni e nell’apparato respiratorio. L’esposizione all’amianto è stata associata a diverse malattie, tra cui il mesotelioma, l’asbestosi e il cancro polmonare.
Il Tribunale di Roma ha accertato la responsabilità della raffineria della Kuwait di Napoli per la morte di V.T. deceduto a 70 anni per un mesotelioma pleurico. Il mesotelioma è un tipo di cancro che si sviluppa nei tessuti che rivestono gli organi interni, come i polmoni, l’addome o il cuore. L’amianto è stato in passato ampiamente utilizzato per le sue proprietà isolanti e resistenza al calore, soprattutto nell’edilizia. Tuttavia, si è rivelato pericoloso per la salute umana.
Il periodo di latenza tra l’esposizione e lo sviluppo del cancro può essere molto lungo, fino a 40-50 anni, ecco perchè molti anni fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, e molte altre organizzazioni sanitarie e ambientali hanno classificato l’amianto come un agente cancerogeno noto per l’uomo e per legge le infrastrutture costruite con questo materiale dovevano essere bonificate. L’uomo ha lavorato nell’azienda petrolchimica di Napoli per 22 anni, prima come pompista e poi come conduttore caldaie e impianti di produzione della centrale termoelettrica. Dopo la denuncia portata avanti dalla famiglia, il Tribunale ha accertato le precise responsabilità dell’azienda per l’utilizzo della fibra killer senza nessuna cautela, e l’esposizione del lavoratore, diretta, indiretta e per contaminazione ambientale a polveri e fibre di amianto in assenza di qualsivoglia misura di prevenzione,
La sentenza emessa in questi giorni è importante perchè potrebbe fare giurisprudenza per altre situazioni simili che purtroppo si sono verificate negli ultimi 50 anni in Italia. La Kuwait infatti è stata condannata a risarcire la famiglia dell’operaio con la somma di 444.787 euro e, per i danni sofferti singolarmente, un importo di circa 300mila euro ciascuno alla vedova e ai 3 figli, per una cifra complessiva che va oltre 1 milione e mezzo di euro.
“Si tratta di una importante pronuncia perché conferma il rischio amianto anche nel settore petrolchimico, che ha visto una elevata incidenza epidemiologica di casi di mesotelioma, tumore del polmone, della laringe, e di tutti gli altri, causati dall’amianto. Questo impone una accelerazione nella bonifica e messa in sicurezza del Sin relativo proprio a Napoli, come abbiamo più volte richiesto”, ha detto al termine della sentenza un familiare della vittima.
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