Un mosaico di fughe improvvisate, giustificazioni surreali e tentativi maldestri che rivela una percezione distorta della misura cautelare.
C’è chi evade per regolare conti sentimentali. Chi tenta la fuga all’alba sperando di passare inosservato. E poi chi sfreccia in scooter senza casco convinto che nessuno lo riconoscerà. O addirittura chi si lancia da una finestra del bagno sparendo per settimane. Salvo poi ricomparire in una stanza d’albergo a pochi chilometri di distanza.

Da agosto ad oggi, in circa cinque mesi, i carabinieri di Napoli e provincia hanno arrestato per evasione dagli arresti domiciliari 55 persone, e denunciato in stato di libertà altre 42. Un fenomeno a dir poco radicato, un volume tale da fotografare senza filtri quanto sia ormai parte stabile della cronaca quotidiana e dell’agenda dei carabinieri partenopei. Le pattuglie dell’Arma in poche settimane hanno registrato casi di ogni genere.
Dalla donna che si copre il volto in un suv diretto verso una “cena giapponese” improvvisata al detenuto che reinterpreta la fuga napoleonica dall’isola d’Elba dove era costretto a stare e autorizzato a muoversi. Nel caso della donna, quando i militari le hanno spiegato che non era autorizzata a lasciare casa, l’uomo che era in auto con lei era rimasto di sasso. Non sapeva che fosse ai domiciliari.
C’è la percezione che il domicilio obbligato sia una misura elastica
Un campionario degno di una raccolta di racconti. C’è anche il giovane in fila al traghetto con un passamontagna che incuriosisce più di quanto nasconda. Il 60enne convinto che Pasquetta giustifichi una bibita al bar. E anche un uomo che trasforma l’evasione in contenuti social e persino un detenuto in pasticceria con la famiglia, sorpreso da un carabiniere fuori servizio.
“Quella che emerge – hanno spiegato i carabinieri in una nota – specie dalle giustificazioni fornite, è la percezione che il domicilio obbligato sia una misura elastica, interpretabile, quasi negoziabile”.

Ma dietro ogni evasione c’è un rischio concreto, per chi scappa e per chi deve riportarlo dentro. Un lavoro quotidiano fatto di controlli mirati, pedinamenti improvvisi, riconoscimenti rapidi. E inseguimenti che possono nascere da un gesto, da un dettaglio, da un’ombra fuori posto. In questo quadro, i 55 arresti e le 42 denunce non sono soltanto numeri. Sono la prova di un’abitudine difficile da estirpare.
Ogni intervento ricorda quanto il presidio del territorio richieda occhio, fermezza e una buona dose di pazienza. Perché chi dovrebbe restare a casa è spesso il primo a testare i confini della legge. E chi deve controllarlo è il primo a rimettere ordine in una quotidianità che, a Napoli e dintorni, non è mai davvero monotona.





