Si è chiuso con forti tensioni in aula il processo con rito abbreviato per lo scoppio della fabbrica abusiva di fuochi d’artificio a Ercolano.
“17 anni di carcere non sono giustizia. Lì c’è scritto ‘la giustizia è uguale per tutti’, ma non è vero”. A parlare è Kadri Tafciu, il padre del 18enne Samuel morto lo scorso anno nello scoppio di una fabbrica di fuochi a Ercolano.

Nell’aula 413 del Tribunale di Napoli si è chiuso poche ore fa il processo con rito abbreviato per l’opificio abusivo di fuochi d’artificio saltato in aria il 18 dicembre 2024. Oltre a Samuel Tafciu hanno perso la vita due gemelle, Aurora e Sara Esposito, 26 anni, che lavoravano da pochi giorni nel confezionare botti di Capodanno per pochi euro.
A scatenare la reazione rabbiosa dei parenti delle vittime, la riduzione di pena incassata dai tre imputati. La Procura aveva chiesto 20 anni di carcere. I giudici ne hanno inflitto 17 e 6 mesi a Pasquale Punzo, l’uomo che in un appartamento intestato alla figlia 13enne aveva allestito l’opificio, e a Vincenzo D’Angelo, che rispondevano di omicidio volontario con il dolo eventuale. 4 anni a Raffaele Boccia, l’uomo che aveva fornito la polvere pirica poi esplosa.
L’avvocata Verlezza: “Dobbiamo considerarci colpevoli anche noi come società civile”
Alla lettura della sentenza sono andate in scena proteste violente con una tentata aggressione ai giudici contenuta dalle forze dell’ordine. Per l’avvocata Nicoletta Verlezza, che ha assistito la famiglia delle due gemelle morte, si è trattata di una reazione scomposta ma prevedibile e comprensibile in un Paese in cui “il lavoro nero è una piaga accettata come ammortizzatore sociale“.
“Anche con i venti anni di carcere – ha sottolineato Verlezza – sarebbe successo quello che è successo. Sono morti di cui ci dobbiamo considerarci colpevoli anche noi come società civile. La richiesta della Procura è stata massima, 20 anni e la pena inflitta è stata leggermente inferiore: noi siamo soddisfatti perché l’ impianto accusatorio ha retto”. Dello stesso avviso Massimo Viscusi, legale della famiglia Tafciu.

“Comprendo la rabbia, – ha commentato Viscusi – avevo preparato i miei clienti, è stato riconosciuto l’omicidio volontario. Secondo me c’era anche la premeditazione che avrebbe impedito il rito abbreviato. Capisco che 17 anni non possono valere la vita di tre ragazzi. È stata giornata durissima, in aula è successo il pandemonio”. Per il segretario generale Cgil Napoli e Campania Nicola Ricci è stata emessa una sentenza storica in quanto è stato riconosciuto l’omicidio volontario in un contesto di lavoro.
“La Cgil Campania, rappresentata dall’avvocato Sergio Tessitore, si è costituita parte civile. E continuerà ad essere al fianco delle famiglie delle vittime. – ha detto Ricci – Questo verdetto può rappresentare per il legislatore un precedente, non solo di natura giuridica. Ma il presupposto per ottenere la certezza della pena nei procedimenti a carico di chi commette questo tipo di reati in contesti in cui si registra l’assenza di qualsivoglia forma di sicurezza, tutela e legalità nei confronti dei lavoratori“.





