Un doppio blitz dei carabinieri svela il volto disumano del lavoro sommerso. Individuato un opificio “lager” con 76 operai ammassati in dormitori fatiscenti. Nelle campagne arresti per un imprenditore e i suoi complici.
Sfruttamento in fabbrica e nelle campagne tra abusivismo, stanze fatiscenti, degrado, ritmi di lavoro estenuanti per pochi centesimi l’ora. È quanto hanno scoperto i carabinieri in due diversi blitz in Campania tra le province di Napoli e di Caserta.

Partiamo da San Gennaro Vesuviano dove i militari hanno effettuato un blitz in una palazzina adibita ad opificio di tre piani. Qui erano stipati, senza alcuna autorizzazione, settantasei operai. Undici le persone denunciate. L’operazione è stata portata a termine in via Nola, in uno stabile dove, senza soluzione di continuità sono stati rinvenuti appartamenti di fortuna ed una fabbrica tessile abusiva.
Ai piani più alti dormivano gli operai, distribuiti in stanze fatiscenti, letti arrangiati alla meglio, servizi ridotti all’osso e ambienti segnati da umidità e scarsa aerazione. Spazi nati come abitazioni diventati dormitori di fortuna. In uno degli ambienti anche spazi per il culto islamico. Al piano terra l’opificio, completamente illegale, coperto da una tettoia altrettanto priva di autorizzazioni. Le forniture di acqua per l’intera struttura erano garantite da un pozzo scavato senza criterio.
Ritmi di lavoro estenuanti fino a 14 ore al giorno con compensi di 2,70 euro l’ora
Le condizioni di lavoro di decine di immigrati di origine indiana nelle campagne tra le province di Napoli e Caserta sono al centro invece di un’inchiesta della Procura culminata all’esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa dal gip del Tribunale aversano. Disposti gli arresti domiciliari per un imprenditore agricolo, per sua moglie e per un cittadino indiano, e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per un secondo cittadino indiano.
Dalle indagini è emerso che i lavoratori venivano sottoposti a ritmi di lavoro estenuanti fino a quattordici ore al giorno con compensi di appena 2,70 euro l’ora, costretti a lavorare anche in condizioni atmosferiche avverse, riparandosi con buste di plastica in caso di pioggia, e forzati a vivere in alloggi fatiscenti. Nei confronti degli indagati sono contestati a vario titolo i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravato e violenza e minaccia per costringere a commettere un reato.

L’imprenditore, con la collaborazione della moglie e dei due stranieri, nel periodo tra febbraio e luglio 2024 ha reclutato un numero considerevole di lavoratori, tra i 40 e gli 80, prevalentemente di origine indiana e irregolari sul territorio nazionale, impiegandoli come braccianti agricoli in terreni tra le province di Napoli e Caserta, in condizioni di grave sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno.
I lavoratori venivano portati sui luoghi di lavoro a bordo di furgoni per il trasporto merci. Ammassati nei vani di carico, l’uno addosso all’altro e senza le necessarie condizioni di sicurezza. Venivano costantemente sorvegliati, minacciati di non ricevere la paga per la giornata di lavoro o di non essere più ingaggiati per il futuro. E intimiditi per evitare rallentamenti nella catena produttiva o a causa del danneggiamento dei prodotti agricoli raccolti.
Gli stessi erano poi sottoposti a ritmi estenuanti per 10-14 ore al giorno. Percependo compensi di circa 2,70 euro l’ora, senza riposo settimanale e possibilità di assentarsi in caso di malattia. Una pausa di pochi minuti per consumare il pranzo solo al raggiungimento della quota di raccolta: “Senza la quota non si mangia“, veniva loro detto. I braccianti erano obbligati a restare nei campi anche durante lo spargimento di pesticidi, nocivi per la salute. Minacciando chi si allontanava per malore di non farli più lavorare.





