Le indagini della Procura partenopea raccontano un sistema rodato che trasformava l’ansia in profitto, la solitudine in bottino. Il ruolo di telefonisti, trasfertisti e ricettatori.
“Hanno abusato della fragilità e dell’età degli anziani, di gente malata, in difficoltà, sola in casa e con i figli lontani. Utilizzando le solite telefonate, fingendosi carabinieri e chiedendo soldi per la cauzione. Non è essere bravi truffatori, ma spregiudicati, delinquenti, anche se devo dire per legge che sono dei presunti innocenti”.

Non ha usato mezze parole il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri nell’illustrare i dati dell’operazione condotta oggi dai carabinieri dei comandi provinciali di Genova e Napoli che ha portato all’esecuzione di 21 misure cautelari in tutta Italia per una serie di truffe agli anziani. La base operativa del gruppo sgominato da Procura e militari era a Napoli. I provvedimenti emessi sono stati notificati dai militari dell’arma tra le province di Napoli, Caserta, Benevento, Avellino, Palermo, Brescia, Pavia e Cosenza.
Complessivamente sono 23 gli indagati, di cui 8 donne, tutti di età compresa tra i 43 e i 22 anni. Oltre a questi, risulta indagato anche un minorenne. Tutti devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata a compiere più di dieci truffe approfittando dell’età e della relativa minore capacità di difesa. Agli indagati è contestato di aver agito avvalendosi di collaudate strategie e di tecniche operative. Sono state documentate 33 truffe tra maggio 2024 e gennaio 2025, e 27 risultano consumate e 6 tentate.
La banda era ben radicata anche in Sicilia
Figure chiave, come emerge dalla misura cautelare firmata dal gip di Napoli Federica Colucci, sono quelle di Alessandro D’Errico e Antonietta Mascitelli, per gli inquirenti promotori e organizzatori del gruppo. Il minorenne indagato, invece, aveva il compito di presentarsi dalle vittime per prelevare le cosiddette “cauzioni” – denaro e anche gioielli – grazie alle quali si potevano evitare “gravi conseguenze” per i loro parenti coinvolti in presunti incidenti stradali e vicissitudini varie.
I componenti l’associazione a delinquere comunicavano tra loro solo via social e in chat. Anche quando erano ai domiciliari, in violazione delle prescrizioni del giudice. Dalle indagini è emerso che la banda era ben radicata anche in Sicilia e che a Napoli, dove c’era il call center, i 3-4 telefonisti presenti erano capaci di smaltire anche oltre 500 contatti al giorno alla ricerca della vittima da truffare. Il giro d’affari si aggirerebbe sui 300mila euro, parte dei quali recuperati: 120mila euro in contanti sono stati trovati nascosti in uno scaldabagno.

“Sono persone che abusano degli anziani. – ha commentato Gratteri – Sono reati estremamente odiosi che riguardano la parte fragile della società. La gente deve sapere che i carabinieri non chiamano mai a casa, se c’è necessità vengono di persona con il tatto di sempre”. A fare eco alle parole del procuratore capo quelle dell’aggiunto Pierpaolo Filippelli: “Le anziane vittime di questi reati risultano devastate come fossero vittime di stupro”.
Le vittime venivano contattate telefonicamente da sedicenti carabinieri o avvocati. Approfittando dello stato di agitazione della vittima, i truffatori facevano credere che, per evitare l’arresto del proprio parente, sarebbe stato necessario pagare immediatamente una “cauzione” per risarcire il ferito. Spingendo la vittima a mettere a disposizione il denaro e i gioielli custoditi in casa che, entro un breve lasso di tempo, uno di loro avrebbe ritirato.
Il gruppo criminale aveva a disposizione anche due orafi napoletani
Per evitare che la vittima avesse ripensamenti o chiedere aiuto, il “telefonista” continuava ininterrottamente a intrattenerla al telefono, rimarcando la gravità dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione, fino a quando il “trasfertista” prelevava i beni e si dileguava. Il gruppo criminale aveva a disposizione anche un paio di orafi napoletani. Il loro compito era quello di valutare, smontare, acquistare e riciclare i gioielli che le vittime consegnavano ai malviventi. Questi ultimi si presentavano nelle loro case anche spacciandosi come rappresentanti delle forze dell’ordine.
Uno dei due è titolare di una gioiellerie che si trova a Spaccanapoli. L’altro è titolare di un laboratorio abusivo del Borgo Orefici della città, che è stato sequestrato. Parte dei proventi delle truffe sono stati riciclati per acquistare un immobile a Poggioreale e in un’agenzia di scommesse. “Parliamo di colpi vili. Che sfruttano la fiducia e la fragilità delle persone più anziane. – ha detto Fabrizio Cecchetti, deputato lombardo della Lega – Per questi reati, il governo, con il contributo determinante della Lega, ha rafforzato in modo concreto gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine”.





