Un sistema ferroviario schiacciato da anni di sottofinanziamento e scelte politiche miopi, che in Campania produce il suo simbolo più evidente nella ex Circumvesuviana.
L’ex Circumvesuviana si conferma la peggior linea ferroviaria d’Italia. È quanto emerge dal report Pendolaria 2025 di Legambiente, che ha stilato la lista in collaborazione con i comitati pendolari che raccontano un sistema intrappolato tra rinvii e promesse non mantenute.

Si tratta della 20esima edizione del rapporto presentato oggi a Roma presso la Stazione Termini, luogo simbolo del pendolarismo. Che documenta un sistema dei trasporti segnato da scelte politiche sbilanciate, sottofinanziamento cronico e ricadute sempre più pesanti su famiglie, lavoratori e studenti.
In Campania, insomma, la ex Circumvesuviana, oggi gestita dalla società regionale Eav, conferma il primato negativo. 13 milioni di passeggeri persi in dieci anni, convogli senza climatizzazione, stazioni impresenziate e un orario ancora “provvisorio”. Sempre in Campania, sulla Salerno–Avellino–Benevento la riapertura della stazione di Avellino è rimandata a giugno 2027.
Scacchi (Legambiente): “In questo contesto si afferma la mobility poverty”
“I dati di Pendolaria mostrano che la carenza di trasporto pubblico sta diventando un drammatico fattore di esclusione sociale. – ha spiegato Roberto Scacchi, responsabile nazionale mobilità di Legambiente – Quando il servizio ferroviario e urbano non è adeguatamente finanziato, con frequenze basse e infrastrutture incomplete, muoversi diventa più costoso o addirittura impossibile per una parte crescente della popolazione. È in questo contesto che si afferma la mobility poverty”.
Per l’associazione ambientalista il trasporto pubblico italiano continua a perdere pezzi. Il Fondo Nazionale Trasporti varrà nel 2026 il 38% in meno rispetto al 2009 se si considera l’inflazione. La legge di Bilancio 2026 toglie risorse decisive alla metro C di Roma, alla M4 di Milano. E al collegamento Afragola–Napoli.

Nel 2024 hanno circolato inoltre 185 treni regionali in meno rispetto al 2023 a causa delle dismissioni dei rotabili più vecchi. Dismissioni non compensate da acquisti sufficienti di nuovi convogli. Nel frattempo, il Ponte sullo Stretto assorbe 15 miliardi di euro per poco più di 3 chilometri, mentre con un terzo di quella cifra – 5,4 miliardi – si stanno realizzando 250 chilometri di tranvie in 11 città.
“Investire nel ferro nelle città è una scelta necessaria sul piano ambientale, economico e sociale. – ha sottolineato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambniente – Metropolitane, tranvie e ferrovie urbane migliorano la qualità della vita, riducono traffico, inquinamento e costi sanitari. E garantiscono un accesso più equo alla mobilità. Continuare a rinviare o definanziare questi interventi, come sta avvenendo con le scelte più recenti sulla legge di bilancio, significa scaricare i costi della mobilità sulle persone, non solo quelli economici ma anche ambientali e sanitari”.





