Attenzione a chi si assenta troppo spesso dal lavoro per malattia: ecco cosa ha stabilito la Corte di Cassazione.
Cosa può fare il datore di lavoro quando uno dei suoi dipendenti è sempre in malattia? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza a questo riguardo. Ecco a cosa devono fare attenzione i lavoratori.
Senza girarci troppo intorno: il dipendente sempre malato può essere licenziato dal datore di lavoro? Come noto la malattia rientra nei diritti del lavoratore dipendente che per questo periodo riceve anche un’indennità.
E se il dipendente si assenta troppo spesso dal posto di lavoro a causa della malattia? Cosa succede in questo caso? L’eccessiva morbilità può essere causa di licenziamento per il lavoratore? Ecco come si è pronunciata la Suprema Corte.
Licenziamento per chi si ammala spesso, cosa può fare il datore di lavoro
Per legge un datore di lavoro non può licenziare il dipendente che si assenta per troppi giorni a causa di una malattia. Ma il periodo di malattia non è illimitato. Può accadere infatti che il lavoratore superi il cosiddetto periodo di comporto per malattia.
Il periodo di comporto non è altro che il periodo di tempo entro il quale il lavoratore assente per malattia può conservare il posto senza il rischio di vedersi licenziare. La durata di questo lasso di tempo è variabile a seconda se il dipendente è un impiegato o un operaio. La legge per gli impiegati considera anche l’anzianità di servizio per fissare la durata del periodo di comporto, pari a 3 mesi se l’anzianità di servizio è inferiore ai 10 anni o a 6 mesi se è superiore ai 10 anni. Questo in generale, ma se il contratto collettivo stabilisce condizioni migliori vengono applicate queste.
Solo il contratto collettivo fissa invece il periodo di comporto per gli operai. Per esempio il CCNL Commercio e Terziario prevede un periodo di comporto pari a 180 giorni nell’arco di un anno solare. Se il lavoratore si assenta per un numero di giorni superiore al periodo di comporto previsto, allora rischia il licenziamento, Un licenziamento che però non sarà disciplinare ma per giustificato motivo oggettivo.
Quando scatta il licenziamento per malattia, la sentenza della Cassazione
Una recente sentenza della Cassazione (la n. 11174/2023 del 27 aprile 2023) ha stabilito che «il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’articolo 2110, comma secondo, cod. civ.».
In altre parole il datore di lavoro può licenziare il lavoratore per giustificato motivo oggettivo solo quando l’assenza per malattia supera il periodo di comporto. Il datore di lavoro avrà comunque la facoltà di riammettere per un breve periodo in azienda il dipendente, in modo da saggiare se sia ancora in grado di lavorare. Altrimenti potrà far partire la procedura di licenziamento. Senza dimenticare che il dipendente licenziato avrà comunque diritto a un periodo di preavviso, al pagamento della liquidazione (TFR) e all’assegno di disoccupazione INPS.