Secondo le indagini, una struttura organizzata avrebbe generato crediti fiscali falsi attraverso società create ad hoc, immobili inesistenti e professionisti compiacenti.
Due miliardi e 700 milioni di euro di spese sostenute, crediti fittizi per oltre un miliardo e 650 milioni, crediti ceduti per 90 milioni di euro. Sono le cifre mostre dietro l’operazione della guardia di finanza in Campania con al centro l’ecobonus edilizio.
Quattordici gli indagati che devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio ed auto riciclaggio. Il blitz è stato condotto dalla Procura della Repubblica di Avellino ed eseguito dalle fiamme gialle. Quattro persone sono finite in carcere, sette ai domiciliari.
Per altri tre è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, l’obbligo di dimora e la misura interdittiva del divieto di esercitare la professione di commercialista per un anno. Le indagini, a cui ha partecipato anche il Settore Contrasto illeciti dell’Agenzia delle Entrate, hanno fatto emergere un complesso disegno criminoso. Tutto era finalizzato al conseguimento di contributi statali relativi ai cosiddetti bonus edilizi.
Nel dettaglio la truffa riguardava interventi di riqualificazione energetica, gli ecobonus, generati attraverso il ricorso a prestanome. A questi ultimi veniva formalmente affidata l’amministrazione e la rappresentanza legale di società compiacenti. L’obiettivo era indirizzare sui conti delle aziende le somme di denaro illecitamente conseguite.
Gli altri indagati si interessavano di presentare all’Agenzia delle Entrate la comunicazione relativa ai lavori da ammettere a contributo. Lavori in realtà mai eseguiti o addirittura riguardanti immobili per il catasto inesistenti. Sono stati coinvolti soggetti dotati di specifiche competenze professionali. I crediti conseguiti venivano girati ad altri soggetti giuridici o persone fisiche che li utilizzavano per compensare i propri debiti fiscali.
Le cessioni eseguite sono risultate caratterizzate da diverse anomalie. Tra di esse la frammentazione delle comunicazioni di cessione all’Ade, il frequente ricambio dei soggetti nei ruoli di cedente e cessionario, l’assenza di fatture di acquisto o la presenza di importi non coerenti con le spese dichiarate. E poi il profilo fiscale evanescente dei presunti esecutori degli interventi edilizi, l’inesistenza, in quasi tutti i casi, dei dati catastali dichiarati.
Coinvolti nella maxi truffa anche persone senza fissa dimora, decedute o con precedenti penali. Al termine della prima fase delle indagini, per bloccare i crediti fittizi ancora presenti sui diversi cassetti fiscali ma in attesa di essere monetizzati e/o compensati, il 22 marzo 2023, è stato eseguito un primo sequestro preventivo d’urgenza.
Gli ulteriori sviluppi investigativi, grazie al sequestro ed all’analisi dei dispositivi informatici, hanno consentito di tracciare chiaramente il modus operandi utilizzato. Il 23 settembre scorso è scattato un nuovo sequestro per oltre 13 milioni di euro, importi trasferiti su conti correnti italiani ed esteri.
“Le attività – ha scritto in una nota il procuratore Domenico Airoma – sono anche frutto del protocollo stipulato tra la Procura della Repubblica di Avellino, la guardia di finanza e l’Agenzia delle Entrate. Si inseriscono nel più ampio contesto investigativo volto a contrastare l’indebito conseguimento delle agevolazioni fiscali e per tutelare il trasparente ed efficiente utilizzo dei fondi pubblici sia nazionali che europei”.
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